
Festa di San Paolo Apostolo Tradizione Popolare
Di Oscar Spadola
I grandi accadimenti acrensi sono unici... la festa di S. Paolo si ripete da secoli attraverso gesti "simbolici", si rinnova da tempo secondo riti religiosi, in una atmosfera popolare che si carica di suggestiva commozione, che esplode profondamente e straordinariamente dal cuore di tutti.
Lunghi giorni infuocati durante i quali Palazzolo sembra rivivere secoli di storia... eddove paganesimo e cristianesimo, Grecia e Roma, Oriente e Occidente si fondono, connubiano, risuscitano, vivono insieme.
Il popolo è uno. L'inconscio collettivo si manifesta e impera sorprendentemente, miracolosamente...
Nieli ha svolto una tematica impegnativa e difficile, direi coraggiosa se non temeraria, perché carica di emozioni ed esperienze vissute per trasferire, pur nella necessaria mera descrizione illustrativa, la sua più intima e vitale partecipazione, per autenticare un testo figurato di questi avvenimenti col proprio linguaggio, per farne una storia con i mezzi della sua arte... E i mezzi sono tanti: pittura, scultura, intarsio, bassorilievo, altorilievo. Fantasmagoriche scene notturne cariche di magia eddove il fortunato quartiere del Patrono dalle sanguigne glorie dell'antico castello feudale, dall'Annunziata che ricettò Antonello, dalla genialità del più nobile Barocco, è illuminato da squarci di luce colorata dei fuochi d'artificio.
Quadri suggestivi che sgorgano dal buio del cosmo, dettati da una luminosità inferiore che trascende l'occasionale avvenimento notturno più volte rivissuto con l'anima, e con questa trasmesso.
Non illustrazione ma visione.
Non esteriorizzazione ma interiorizzazione di quell'assurdo fantasmagorico gioco astrale dei fuochi nel cielo così incisi nella mente, così vissuti nel cuore più che negli occhi di tutti sin dai primi anni dell'infanzia.
Arte - natura, realizzata con mezzi ben sperimentati.
Altrove: II grande tempio del Sinatra, l'allievo del Gagliardi... una visione prospettica dell'interno realizzato nella difficilissima composizione ad "intarsio" con tessere combinate nel colore del legno in modo da rinnovare un magico mosaico bizantino...
È l'intromissione, ovunque, di quell'occulto senso cromatico, fascinosamente sentito nel suo sangue, che ci conduce ai cieli notturni e alle teofanie di Bisanzio, eppure rivissuto in una Sicilia eternamente Greca, di una Monreale rinnovata.
Un passato che è presente, fermo; una storia senza più divenire, senza avvenire.
- La Festa solenne del Patrono: l'attesa; la folla clamante; la commozione non trattenuta; gli alti stendardi colorati, come enormi fantastiche guglie variopinte...
L' “uscita”, come il giorno del Giudizio, come una Gloria babilonese, che solo con infinito spirito di devozione si può realizzare: sparì di coriandoli, bordate di mortaretti, nuvole di manifestini, fumo di pédardi, pioggia fittissima di stelle filanti, tra l'urlo dei fedeli: Una accesa testimonianza che solo un figlio di Palazzolo poteva interpretare, che solo un artista-artigiano del quartiere poteva ricavare.
- Tra i pezzi di estremo interesse, i legni incavati e scavati, scolpiti ed incisi: Primo fra tutti il Santo Patrono su una via, culmine di un momento processionale. La composizione della scena; l'abile soluzione prospettica in rilievo della stretta via che slarga tra case con finestre e balconi; la folla; le persone all'affaccio e... lontano, il portentoso simulacro del Santo portato sulle nude spalle che procede lentamente, pesantemente, regalmente, imperatore e protettore... Passa S. Paolo; la sua ombra miracolosa si stende sulle abitazioni del suo regno...
La sua figura domina pur le dimensioni, troneggia per la collocazione, giganteggia per l'attrazione...
Una apoteosi figurativa idealizzata, senza eccessi di particolari, senza trionfalismo alcuno, che esorcizza tutti gli elementi compositivi per l'improvvisa apparizione tra le quinte delle pareti sbilenche:
Senso visibile dei vivi che lo circondano e lo contemplano – moltitudine dei personaggi di oggi come i vivi di sempre...
E più il Santo diviene protettore, più si fonde nella composizione lignea stessa...
I mezzi adottati inverosimilmente rendono la scena viva e reale: opera di alta fattura che sembra derivare dallo “stiacciato” donatelliano; le persone sembrano staccarsi dal suolo; eddove la tecnica nel migliore dei modi realizza l’idea... Nieli strappa questa testimonianza, la consuma, la estende, l’approfondisce, la fa sua con l'espressione di ogni particolare, con il sogno della sua arte. Che più?
- Festa religiosa, tripudio di popolo, ondata di manifestazione, di profonda devozione, occasione di confusione, di frastuono al suono orgiastico contemporaneo e continuo di bande musicali diverse, al canto, al grido alle urla osannanti, alle richieste imploranti, con i penitenti scalzi che mostrano il loro voto, e gli infanti ignudi alzati devotamente sotto la protezione del Santo e le famiglie si riuniscono, e gli amici si ritrovano, la massa incalza, i bambini giocano con zampogne, giocattoli e palloni... i venditori ambulanti la fiera il mercato...
Nieli, con tavole scolpite, con quadri a pittura e ad intarsio ha riassunto mirabilmente questa atmosfera, ha rappresentato le bancarelle gli oggetti, la mercé, ha scandagliato i tipi, le persone... ha eternato volti conosciuti, personaggi impareggiabili della piazza, offrendo loro una vita più durevole nel tempo consentito dalla loro stessa esistenza.
Ho seguito da anni le sperimentazioni artistiche di questo pluripremiato giovane creatore... ho vissuto le sue sconfitte e i suoi successi, ho partecipato da vicino le sue esperienze, i suoi tentativi fruttuosi ed infruttuosi, l'evolvere della sua arte, la sua carriera laboriosa, difficile, autodidatta ed indipendente, ho ammirato la sua superba, caparbia costanza che lo ha portato in campo nazionale... Questo insieme di opere - frutto di una poliennale fatica - ci appartengono. Esse rappresentano un dono prestigioso, il più bello che uno dei migliori figli nutriti dal luogo poteva dare... Un inizio di una ordinatissima trama, questo patrimonio culturale, per un ormai irrinunciabile museo vivo, non più immaginario ma così vero, attuale e permanente, fulcro simbolico posto all'apice quanto mai emblematico di una tradizione così sentitamente vissuta dal popolo acrense non solo, ma di tutti quanti immensamente partecipi.
Marzo 1982