Enzo Nieli al “Michelangelo”
Di Giuliano Arcangioli


Inaugurata il 22 maggio presso la Galleria a Palazzo Antinori, la personale di Enzo Nieli ha suscitato un interesse ed emozione, ed anche quel tanto di perplessità che sempre accompagna l’osservatore quando l’arte si presenta in modo originale e penetrante. L’originalità, stando allo stile, specialmente consiste nel modo di ricavare la luce dalla materia stessa, quasi fosse allo stato incandescente e ridotta a forme elementari di drammatica e residua resistenza; la forza di penetrazione scaturisce come virtù culturale dalla dominante e dominata posizione d’un interprete dei nostri tempi disfatti, dove la speranza sembra tumulata per sempre e senza epigrafe.

Perché il mondo testimoniato da Nieli non è quello delle origini, fabbricato in una materia onusta di autore e d’infinite promesse vitali, bensì quelle delle rovine, e non delle rovine supposte dalla corrosione e dallo scivolo del tempo sulla buccia del nostro del nostro pianeta e dei nostri monumenti civili, bensì quello delle rovine d’un cataclisma procacciato dall’artificio della scienza sulla follia d’una ventata atomica supposta come accaduta. In tale accadimento, i gesti degli alberi e dei muri divisori, il silenzio delle casa abbandonate, il buoi spacco delle grotte e delle tombe, il cadente tracciato d’ogni limite si palesano ad una luce materica arrampicata nel buiore e spifferata da grumi di memoria impastati nella paura. Ma questa paura nemmeno nel Nieli si accampa come atmosfera dell’ultimo residuo, perché invece essa si qualifica e si motiva in un monito estremo di salvezza. Basta osservare le sue statuette di legno brunite: la donna nuda colta nel gesto di accertarsi col braccio sul fianco. Sperare levando l’altro a un appiglio celeste, la stordita volontà d’attrito, dell’aratore la essenziale e monumentale larghezza d’espressione del sacerdote prosternato che invoca il Crocifisso levando il manto col le braccia ai piedi del Redentore a capo chino. L’opera di Enzo Nieli, del resto largamente nota e riconosciuta in Italia e fuori, si presenta con tutte le garanzie dell’arte moderna incorporandosi in un messaggio spaventato ma fondamentale propiziatorio.

22 Maggio 1976