Da Acitrezza ad Acitrezza
Di Gianni Franceschetti
L’impressione di sgomento che mi hanno dato alcuni quadri esposti in una galleria romana mi hanno fatto collocare il loro autore nella Sicilia dei Verga e dei Capuana. Ebbi poi conferma di non aver sbagliato attribuzione e che l’autore di quelle opere era Enzo Nieli, quarant’anni, siciliano di Siracusa. Il colore tendente al nero e quei cieli bruni intrisi di grigioverdi atoni dalle slabbrature biancastre non declinerebbero a favore di una provenienza siciliana, terra di fuoco per eccellenza ma il senso tragico delle figure che muovono un’aria densa di mistero nella quale non splende certo il caldo e sfolgorante sole siciliano, né gli azzurri contorni degli ebridi dicono dei diseredati e della terribile emarginazione di certa gente.
E si sente brontolare sotto i piedi la lava ribollente dell’Etna che incombe con il fumo dei suoi cento crateri e l’aspra superficie della lava e l'iroso frangersi dei marosi contro gl’irti faraglioni. La pittura di Nieli è impressionista come lo è la scrittura nei "Malavoglia" del conterraneo Giovanni Verga che pare aver suggerito parecchie di queste opere. Il mescolare l’olio con rena e sabbia o il raggrumarlo sulla tela contribuiscono a rendere ancor più glabra e veristica la rappresentazione. Quando la natura avversa si scatena nella tempesta e tra quei faraglioni naufragano persone e speranze in quell’acqua color inchiostro dai sanguinolenti accenni, le donne sono lì sulla spiaggia impietrite dall’evento arcano che da sempre hanno temuto e che ha costituito l’aborrito destino di tante spose e di tanti figli. È un racconto senza retorica, scarno nella tessitura e povero di colore come si conviene a quelle persone per le quali 1’interiorizzazione dei fatti esterni diventa motivo di vita.
Di questo motivo ne ha fatto poesia il Mieli interpretando da buon figlio di quella terra i dolori e la rivolta alla rassegnazione atavica dei suoi figli. La vita corale e folcloristica del paese trasuda da ogni tela, da quelle ombre che costituiscono gli abiti dei contadini e dei marinai. Pare di sentire il monologo di Mena nei Malavoglia nel quale la vita, la grama vita, coincide con le speranze frustrate e par di rivivere la disperata accettazione del fato di “padron ‘Ntoni” alla “Casa del Nespolo” o quando la “Provvidenza” carica dei lupini acquistati a credito affonda miseramente e con essa tutte le speranze di un’intera generazione. Qui il Nieli, artigiano di alta raffinatezza, assurge al ruolo di artista.
Perché nel suo particolarismo sa incentrare tutta la sua terra, il suo mare, i crucci e le speranze di quegli uomini, di quelle donne, di quelle ragazze che sentono il dover, per sorte avversa, accomunare il proprio destino a quello del mare con la sua volubilità e le sue imprevedibili ma frequenti tragedie. Le tenebre di certi caravaggeschi e del Magnasco in particolare, con ricordi di Damier hanno trovato un epigono vero perché per lui trista è la situazione che racconta e quindi rispondenti la scena ed i colori che la dipingono.
Le figure, ritratti a tutta persona, senza volto declinano la risposta dei vinti anche se in fondo emerge l'antica accettazione di un destino che permea sottilmente ogni sua opera. Non è chiaro il volto ma la macchia che nasconde il viso che va formandosi, è come il destino delle nuove generazioni ancora frustrate ma ineluttabilmente tese alla conquista di un nuovo modo di vivere. Pare che dalle nubi che incombono gonfie come mammelle debba sprigionarsi il succo vitale atto ad infondere la voglia di opporsi alle sventure e trarre dalle passate esperienze una linfa nuova e rigeneratrice.
È l’ambizione della gioventù moderna di opporsi alla tradizione negativa per respirare nuova aria senza dover fuggire ma affrontando il proprio destino nella certezza che ognuno ne è vittima o vincitore.
Ed ecco il Nieli confrontarsi con l'alto rilievo in legno con la maestria dell'intagliatore di razza e costruire mobili intarsiati dalla linea chiara e dalle superfici ricche e piacevoli. Rifugio o abiura? Speranza e Volontà.
La personalità di questo artista mostra le due facce della Sicilia: quella della sua atavica fragilità economico-sociale e quella della sua storica gloria che l’ha contraddistinta dalla Magna Grecia a Federico secondo e oltre. In queste tele che grondano sincerità di sentimenti e coscienza della realtà amara e coraggioso disincanto, scopriamo la genuina freschezza di un’anima che pur affondando le radici nel verismo verghiano ha ancora la forza indicare, per contrasto, a forme negative, la via della catarsi sia spirituale che morale che sociale, alla generazione presente.
L’essere autodidatta nel Nieli non è negativo ma è quel segno di contraddizione che gli permette di esternare con forme semplici e colori smorzati ed animo puro una situazione che egli presenta con tutti i segni della sincerità, della naturalezza e della innocenza. Anche se ricorre a forme letterarie.
Infatti anche lui vive le sue naturali metafore e pur facendoci risentire il “mare che russava” dei Malavoglia lo fa come una traslazione del suo pensiero molto sottile e pertinente che risente del
dell’anima collettiva dei suoi personaggi, per descrivere sotto le spoglie di un candido verismo la dicotomia di una situazione che aborre ma che vive intensamente. E ne scaturisce quella scottante rapsodia che, pur in termini dimessi, alza la poesia del racconto con scene nelle quali personaggi e luoghi, al di sopra della paludata retorica, si tuffano o si estraggono da quell’unico elemento che è una vibrante umanità che soffre lavora e spera o si rassegna con la naturale modestia dei semplici e con la profonda coscienza dell'ineluttabilità delle vicende umane.